Justice League – Snyder’s Cut: dal peggio del peggio al meglio del meglio

A volte ritornano.

Blogger da tanto assenti sulla scena internettiana come il sottoscritto e film di casa DC completamente trasformati e finalmente degni di essere visti.

Non potevo scegliere pellicola migliore per tornare. L’opera di Snyder (la sua ultima nel mondo DC?) finalmente regala dignità a quella lega della giustizia così tanto bistrattata e ridicolmente inutile del film del 2017. Le peripezie della travagliata Justice League uscita nelle sale ormai 4 anni fa sono note: semplificando possiamo ricordare la Warner non soddisfatta della visione snyderiana, il lutto familiare del regista, l’arrivo del sig. Whedon direttamente dalla concorrenza Marvel con i suoi reshots ed un montaggio totalmente rivisto. Il risultato è quel film scialbo e ridicolo che purtroppo ho visto in sala e che ho recensito con non poca sofferenza. Si notava un netto contrasto tra il tono dei film precedenti e quello di un’allegra scampagnata tra persone sconosciute che si riuniscono per fare una gita in Russia.

Finalmente un Batman vero nella Justice League. Addio espressioni beote e imprecazioni sibilanti.

BENTORNATA EPICITA’…

Snyder in questa sua versione ha avuto carta bianca. E si vede. Finalmente si sente il respiro epico che un gruppo di eroi para-divini deve avere. La pellicola, di durata vicina alle 4 ore, si prende i suoi tempi. Nuove scene, nuovo montaggio, nuovi dialoghi. Le musiche non sono più quell’orrendo mix di colonne sonore di film passati di Elfman. Tom Holkenborg (Junkie XL) riesce a dare quel respiro di “grandeur” tanto caro al nostro Snyder.  E’ proprio un altro film. Se l’ossatura base della storia appare la stessa (scatole madri sulla Terra – arriva Steppenwolf e le piglia – scontro finale tra lui e supereroi), cambia tutto il resto. Il ritmo è più lento ma personalmente non mi ha annoiato un secondo. L’arrivo del villain di turno si percepisce da lontano dalla sua potenza irresistibile: da come costringe le Amazzoni ad immolarsi per fermarlo a come, senza tanti complimenti, carpisce le informazioni necessarie per andare a fare una visita agli Atlantidei. Già, Steppenwolf. Dimenticatevi il cattivo da videogioco anni 2000 della versione whedoniana. Qua è un armadio ricoperto di un’armatura metallica adattiva che lo ricopre quasi interamente. Incredibilmente è più espressivo in questa Snyder’s Cut con sembianze aliene di quanto lo fosse come umanoide nel 2017. Ma non si tratta solo di una più convincente effettistica speciale…

Alla fine della fiera si riesce quasi ad empatizzare con un bicornuto generale mandato in esilio a sgobbare per conto del sovrano.

… E BENTORNATI SUPEREROI

La storia ha finalmente dei personaggi a tutto tondo. Senza più i tagli criminosi che hanno condotto a quella insulsa pellicola del 2017, Snyder (con Terrio alla sceneggiatura) porta in scena una Justice League composta da eroi e non solo da cosplayer poco convinti. Partendo dal villain, il “nuovo” Steppenwolf ha maggiore profondità del cattivo monocorde che avevo visto in sala. Non è un megalomane che vuole conquistare in nome di qualche sovrano che non vediamo mai ma è un sottoposto che nel passato l’ha fatta grossa e, per punizione, deve vagare a conquistare galassie per redimersi. Alla fine il nostro bicornuto energumeno vuole solo tornare a casa. Non è un sadico che tortura per il piacere di farlo ma è molto pratico. Va dritto al punto, alla maniera del nostro amicone violaceo Thanos del MCU. Il pezzo forte però sono loro: i protagonisti.

La suddivisione in capitoli (con appositi titoli tutt’altro che casuali) permette di focalizzarsi su ciascun di loro, pur senza spezzettare troppo la storia. Batman torna ad essere lo stratega, il grande padre di questa squadra di personalità diverse e tormentate. Niente più battutine o imprecazioni mentre osserva da lontano gli altri combattere. Scordatevi il tassista di Gotham che scorrazzava gli altri a menare per lui. L’uomo pipistrello non è solo un motivatore ma partecipa in battaglia tirando pugni e usando i suoi costosissimi gadget (fabbricati con l’ausilio di un sempre simpatico Alfred). Wonder Woman, la madrina del gruppo, è sempre in prima linea. Più umana della eroina piatta che avevamo visto, si ferma a parlare con una bambina appena salvata e sente il peso di non esserci stata quando la sua patria è stata brutalmente attaccata. E di Aquaman che dire? Non è più il sirenetto inutile burbero che non aveva contribuito per nulla al successo della Justice League. Ha un accenno di storia. Anche lui ha i suoi demoni interiori, diviso tra due popoli senza sentirsi di appartenere né agli umani né agli atlantidei, smette di essere una figurina sullo sfondo degli altri. I due eroi che, però, hanno beneficiato maggiormente del minutaggio dato loro (e del taglio delle scene aggiunte da Whedon) sono stati Flash e Cyborg. Abbiamo dei background per entrambi. Se il velocista di Central City rimane il comic relief del gruppo, le sue battute sono state fortemente ridotte. Barry Allen è il giovane della banda con l’entusiasmo di chi si trova in qualcosa di più grande di lui (e, al contempo, con la paura di non essere all’altezza delle aspettative altrui). Cyborg, dal canto suo, vive un rapporto conflittuale col padre reo di non essere stato mai presente nella sua vita e di averlo trasformato in una mostruosità cybernetica. La sua partecipazione all’impresa epica di salvare il mondo rappresenta per tutti loro  anche l’occasione di affrontare le proprie paure (il senso di colpa per Batman e Wonder Woman, la rabbia verso la madre per Aquaman, la mancanza di obbiettivi per Flash, il rapporto paterno per Cyborg). Finalmente vediamo una squadra che si muove in maniera sinergica, che impara a conoscersi. Non c’è nessun salvatore della patria che riduce in spettatori queste divinità mai così umane. Quando Kal-El farà la sua comparsa non sarà il deus ex machina capace di stravolgere senza alcun aiuto le sorti della guerra ma diventerà uno di loro, senza dire banalità. Il suo ritorno sarà preceduto da un crescendo di epicità che a pochi eguali nel mondo dei cinecomics.

Ebbene si, esiste anche la possibilità di introdurre eroi e personaggi in un film senza prima farlo precedere da una o due pellicole appositamente dedicate dove si assiste alla genesi dell’eroe, alla sua prima battaglia con un nemico e ai titoli di coda che aprono ai capitoli successivi. Il mondo marvelliano funziona così ma non significa che sia l’unica via da seguire. Anche perché, a pensarci bene, in questo modo nessun heist movie o film che contempla più personaggi in una missione sarebbe mai stato girato. Nei 7 samurai c’era forse bisogno di un prologo per ciascun membro del gruppo? Nelle Iene ci ricordiamo perfettamente di Mr Pink pur avendo un minutaggio ridottissimo. E non parliamo poi dei vari Ocean’s.

I personaggi quindi crescono, maturano. E non c’è bisogno di infarcire tutto di battutine. Il metodo Marvel funziona con i suoi prodotti ma non è sempre esportabile. Nella visione snyderiana ci si è sempre focalizzati sugli enormi complessi di superumani che vengono temuti, rispettati, isolati ma mai veramente amati dai mortali. Quello che apparentemente viene visto come “prendersi sul serio” e che viene contestato a Zack Snyder non è altro che vedere la figura del supereroe semplicemente in un’altra prospettiva. E trovo che l’approccio di questo regista si sposi alla perfezione con eroi estremamente potenti, non tanto dissimili da quelli mitologici che conosciamo (Wonder Woman che è figlia della regina delle amazzoni, Flash che come Ermes recapita messaggi attraverso tempo e spazio, Aquaman che ha il tridente di Nettuno), che hanno difficoltà ad integrarsi e a vivere normalmente. Se un Ironman, Spiderman, Vedova Nera possono permettersi il lusso di vivere anche come l’uomo comune, i supereroi DC sono condannati a dover costantemente combattere con i loro fantasmi e i pregiudizi di chi li vede come minaccia.

In Man Of Steel c’è la lotta interiore di un Kal-El che non sa chi vuole diventare, in Batman v Superman quella di un Bruce Wayne che ha paura di ciò che non può controllare, in Justice League i singoli conflitti di ciascuno trovano la loro soluzione dentro e per la lega della giustizia.

L’estetica muscolare di Snyder esalta la plasticità dei corpi, la possanza fisica, lo straripante potere di metaumani (tranne Batman ovviamente che però mantiene un’agilità tutt’altro che comune) che si scontrano con entità pari se non superiori a loro. Darkseid, che rimane nell’ombra, ha un potenziale tale da schiacciarli tutti e la prospettiva del fallimento è sempre dietro l’angolo.

Un personaggio che finalmente ha un suo background e le sue debolezze. Benvenuto nella Justice League, Cyborg!

TORNARE BAMBINI CON ZACK

Ho guardato (per ora) due volte la Snyder’s Cut. E mi sono divertito un sacco. Era da tempo che non sentivo il coinvolgimento per un film di tizi in calzamaglia. Alla fine un cinecomic deve fare questo, far entrare lo spettatore in un mondo dove valgono altre regole. C’è chi vola, chi corre alla velocità della luce, chi comanda tsunami. Eppure nella loro grandiosità e distanza rimane la loro umanità facendoci sorgere quella domanda che sin dalla tradizione epica ci assilla: essere semi-dei è una benedizione o una condanna?

Questa Justice League si rivela, forse, essere la miglior opera di Snyder. Accessibile a tutti, con un tono epico ma mai pesante (ci saranno di tanto in tanto dei momenti di alleggerimento del tono per fortuna non fuori contesto come nel 2017), è una festa per gli occhi e per il bambino che si esalta guardando su Italia 1 Batman con la sigla di Cristina D’Avena.

Non è un film perfetto né il più grande capolavoro della cinematografia mondiale ma, per chi è appassionato di supereroi, è un must (con non poche chicche tra easter eggs, citazioni e quant’altro).

La trilogia snyderiana è completa e se anche si fermasse qui posso finalmente sorseggiarmi un te alla maniera del buon Alfred ricordando di aver visto la Justice League.

“Il meglio del meglio.”

Citando il buon Barry Allen, abbiamo visto il “meglio del meglio” che può esserci a livello di comics lato DC. E, viste le disastrose premesse del 2017, non è poco.

4 pensieri riguardo “Justice League – Snyder’s Cut: dal peggio del peggio al meglio del meglio

  1. Condivido in pieno la tua analisi, e trovo che un film di 4 ore suddiviso in capitoli pressoché tematici e che possa essere visto con modalità attuali (cioè con servizi di streaming o on demand che consentano di interrompere la visione e riprendere dopo qualche ora o mezza giornata) mostra un prodotto che inizia ad assomigliare a una mini-serie tv sotto i peculiari aspetti positivi, cioè la possibilità di sviluppare meglio storia e personaggi, mantenendo però la fisionomia di un’opera unitaria. L’ho davvero apprezzato. E subito dopo i titoli di coda sono corso a procurarmi l’action figure di Wonder Woman 😀

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      1. E pensare che come personaggio Wonder Woman non mi ha mai detto nulla (a parte Batman, gli eroi DC non mi attraggono, sono decisamente un marvelliano). Ma Gal Gadot ormai è come Hugh Jackman per Wolverine. Anzi, oso dire di più: come Kabir Bedi per Sandokan! Nel senso di un interprete che dona al personaggio una tridimensionalità epica e indimenticabile, una linfa che sulla carta non aveva (e dunque non è certo questo il caso del buon vecchio Logan, che stava già benissimo di suo), a creare un legame indissolubile che non potrà mai essere sciolto né dimenticato. Ecco, mi è partito l’embolo…

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