Fondazione: imbarazzi galattici

La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci. Questo era il motto di Salvor Hardin, sindaco di Terminus, uno dei personaggi più iconici di “Cronache della Galassia” primo tomo della saga della Fondazione di Asimov. Proprio per questo mi ha fatto un certo effetto vedere la sua prima comparsa sul piccolo schermo con un bel fucile sulle spalle.

"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci". 
S. Hardin (il personaggio in foto...in teoria)
“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”.
S. Hardin

Con tale esordio avrei dovuto intuire che l’adattamento asimoviano di “Foundation” avrebbe regalato perle inimmaginabili. Purtroppo ho sottovalutato grandemente una serie che entra di diritto nella mia Hall Of Shame delle peggiori trasposizioni di tutti i tempi (attualmente però la leadership di Troy è saldamente al primo posto, vedremo se il vituperio dell’opera di Asimov sarà tale da far detronizzare la serie che distrutto Troia una seconda volta).

Lo ammetto: prima della visione ero prevenuto. Asimov è uno dei miei autori preferiti e sono cresciuto con i suoi libri. Hari Seldon, Dors Venabili, Yugo Amaryl, Salvor Hardin, Hober Mallow, Eto Demerzel sono vecchi amici che di tanto in tanto vado a trovare rileggendo quei capolavori che uno dei padri della fantascienza è riuscito meravigliosamente a scrivere. Il trailer mi aveva lasciato interdetto perché già alcuni personaggi apparivano diversi dalla controparte cartacea. Ma, dopotutto, l’importante è che sia lo spirito dell’opera ad essere conservato, no? Lo spirito di una gigantesca space opera con personaggi indimenticabili, intrighi politici e l’idea della plausibilità di quello che sarebbe potuto accadere in un lontanissimo millennio di storia umana. Come forse ormai avrete intuito, penso che questo spirito sia stato preso e gettato nello spazio facendo collassare la serie in un buco nero di banalità e trovate sconcertanti.

Ho visto la prima puntata. In poco più di un’ora la serie di David S. Goyer e Josh Friedman è riuscita nella non facile impresa di prendere la prima delle tre parti di Cronache della Galassia e strapparla in tanti piccoli pezzetti. Chapeau. Non si vedeva una tale devastazione della galassia asimoviana dai tempi del Mulo.

I LIBRI

Andiamo con ordine. Fin dall’annuncio della serie mi ero posto il problema di come sarebbe stato adattata una saga fantascientifica di difficile trasposizione sul piccolo/grande schermo. Molti dialoghi, tanti personaggi, storia dipanata su diversi secoli. Descrivere l’opera cartacea nel complesso non è semplice. Potremmo dividerla in tre grandi parti.

La prima (ultima a livello cronologico ad essere scritta) è quella inerente la storia di Hari Seldon (in italiano i due libri “Preludio alla Fondazione” e “Fondazione Anno Zero”). Ci narra dell’ascesa di Seldon, di come sia nato il progetto Fondazione, del suo rapporto con l’imperatore Cleon I e del suo enigmatico primo ministro Eto Demerzel.

La seconda (la prima ad essere scritta) rappresenta il “cuore” della saga ed è composta dal trittico “Cronache della Galassia”, “Fondazione e Impero”, “L’altra faccia della spirale”. Sono narrati gli eventi della Fondazione, di come il piccolo avamposto di Terminus affronti le varie Crisi nel percorso tracciato dalla storia (con qualche deragliamento).

La terza, infine, comprensiva de “L’orlo della Fondazione” e “Fondazione e Terra”, è la parte più “fantascientifica” delle tre, dedicata ad una rinascita dell’Umanità sotto una luce diversa.

Potete già immaginare come inserire tutto questo materiale in una serie sia qualcosa di proibitivo. In un certo senso (e le analogie non finiscono certo qui) “Foundation” ha avuto gli stessi problemi di trasposizione con una fonte letteraria importante e complessa che ha avuto “Gli Anelli del Potere” rispetto al Silmarillion/Appendici del Signore degli Anelli.

Personalmente la parte migliore da poter far migrare nella serialità televisiva sarebbe stata la prima. Preludio alla Fondazione e Fondazione Anno Zero sono quasi da considerarsi un testo unico. Tra tutti i libri, questi sono quelli dove si intrecciano generi diversi: thriller, una meravigliosa love story, intrighi politici con personaggi approfonditi che lo spettatore avrebbe imparato a conoscere.  Sono i romanzi più “mainstream” del ciclo ( ma non per questo i peggiori, anzi).

L’ambizione di chi ha condotto lo scellerato progetto di Foundation ha però virato su altro. Ha deciso che era meglio dedicarsi a tutta l’opera del suo complesso inserendo i volumi in un frullatore per realizzare una centrifuga nella quale galleggiano spaesati personaggi senza capo né coda, appartenenti ad epoche e contesti diversi, fatti convivere forzatamente sullo schermo ma, soprattutto, privi di anima.

LA SERIE

La prima puntata, come detto, si dedica a prendere a picconate la prima parte di “Cronache della Galassia”.  

Questo libro è diviso in tre sezioni (ambientate in epoche storiche differenti), come se fossero tre racconti singolarmente intesi. Difatti il romanzo è in realtà una raccolta delle storie scritte da Asimov nel 1951 sulla rivista “Astounding Science- Fiction”.

La prima parte narra del processo ad Hari Seldon. Il geniale matematico, ormai anziano, vive da tempo su Trantor, capitale dell’Impero Galattico (un pianeta città. Per i fan di Star Wars : un Coruscant all’ennesima potenza). Il giovane Gaal Dornick affronta un viaggio intergalattico dal suo piccolo pianeta di periferia (Synnax) per poter lavorare col sommo Seldon. Si trova suo malgrado invischiato nelle tensioni tra Impero (rappresentato dalla Giunta Militare al comando) e Seldon, reo di aver previsto, nelle sue formule psicostoriche, l’imminente crollo imperiale. Piccola parentesi sulla psicostoria, vero cuore pulsante della saga e intuizione geniale di Asimov. In pochissime parole (confidando che il Maestro mi perdoni) : una scienza matematica capace di predire il futuro (a determinate condizioni). In 35 pagine (tale è la lunghezza di questa parte) veniamo immersi in un mondo distante (ma non troppo) dal nostro, conosciamo un freddo ma al contempo ironico Seldon, un inesperto ed ingenuo Dornick e una severa e autoreferenziale casta militare che tira le fila del potere. Capiremo come Seldon abbia intenzione di mitigare l’impatto della caduta imperiale ponendo le basi (una Fondazione, per l’appunto) per un nuovo Impero futuro grazie al progetto “copertura” dell’Enciclopedia Galattica.

Ripeto: tutto questo in un racconto di 35 pagine.

In un’ora e dieci minuti di serie invece abbiamo potuto ammirare:

  • Una ragazzina di nome Gaal Dornick che è incredibilmente la mente più brillante dell’universo, rivaleggiando con lo stesso Seldon pur non sapendo un tubo della psicostoria. Nel libro invece rappresenta gli occhi del lettore, con il suo personaggio ci troviamo coinvolti in qualcosa di più grande di noi.
  • Un impero tirannico e crudele, comandato da cloni (!) dell’imperatore che non disdegnano di trucidare i propri dipendenti con le proprie mani.
  • Una tata del bimbo imperatore che risponde al nome di Eto Demerzel. Nei libri è il severo primo ministro imperiale che avrà “l’intuizione” di sottoporre le ricerche di Seldon all’attenzione di Cleon I nel Preludio alla Fondazione.
  • Un attentato con mille esplosioni che serve a far vedere che i soldi di casa Apple per la CGI sono stati spesi.
  • Una tipa di nome Salvor Hardin che gira sui monti col fucile in spalla. Con tanti saluti allo spregiudicato e ambizioso politico che ha sapientemente condotto Terminus.
  • Emissari dei pianeti in udienza imperiale che paiono usciti dal Met Gala 2023
  • Soldati imperiali in nere armature perché l’Impero deve sembrare cattivissimo.
  • La strana colonna sonora del grande Bear McCreary che deve essersi confuso con il suo lavoro a “gli Anelli del Potere” (somiglianze a dir poco evidenti)

Non mi soffermo sulla stramba idea di trasformare tutti i personaggi principali nella saga in personaggi femminili (eccetto Seldon), come se Asimov non avesse concepito protagoniste donne di spessore (Dors Venabili, Wanda Seldon). Sconcertante è che siano cambiati totalmente. Per intenderci, è come se in un adattamento di  Moby Dick la comandante Achab diventi una sostenitrice della preservazione delle specie marine.

La tata, versione imperiale.
Da Primo Ministro Imperiale a tata imperiale. Povero/a Demerzel!

Gaal Dornick è una Mary Sue insopportabile, Salvor Hardin una guardiana che va in giro armata a vigilare sulla volta Seldon, l’Impero è una tirannia crudele comandata da tre imbecilli (stavolta uomini), Raych Seldon ha l’unico compito di andare in giro e osservare con aria preoccupata il panorama e potrei andare avanti.

Mi chiedo semplicemente: perché maciullare una saga?

La fantascienza asimoviana non si fonda sulla spettacolarità, sulle esplosioni, sui panorami colorati di pianeti all’orizzonte, degni di uno sfondo di Destiny o Halo. La spettacolarizzazione dovrebbe essere un contorno, non la portata principale. Lo spirito dell’opera è stato quello di rendere plausibile quello che accade. Tutti i singoli protagonisti, comprimari e antagonisti tratteggiati da Asimov sono sempre stati profondamente umani. La potenza della scrittura asciutta e senza fronzoli dello scrittore americano è quella di narrare storie di persone umanamente simili a noi, distanti solo qualche migliaio di anni ma con i nostri sogni, le nostre paure, le nostre debolezze.

Imperatore cattivissimo. Con tanti saluti al povero Cleon I.
Un imperatore sanguinario e malvagio alla Star Wars anziché un umanissimo personaggio con le sue debolezze. Peccato. Povero Cleon.

Foundation, invece, pare andare in una direzione diversa, in una ricerca della spettacolarità fine a sé stessa, nel tentare di scimmiottare Star Wars quando l’Impero concepito di Asimov è quanto di più lontano possa esserci dall’immaginario Lucasiano. Il senso dell’opera è stato palesemente tradito.

Alla domanda a Seldon “perché pensa che l’impero crollerà?” nel libro risponde

“[…] La caduta di un Impero, signori, è un evento di enormi proporzioni, non facile certamente a combattere. E’ provocata dalla crescita della burocrazia, dall’inaridirsi dell’iniziativa umana, dall’immobilismo delle caste, dall’appiattimento degli interessi…e da centinaia di altri fattori. […].”

Nella serie, a fronte della domanda su cosa fare per rallentare la caduta, il nostro raffinato matematico se ne esce con: “fermate la clonazione imperiale.” Per un attimo mi pareva di veder spuntare all’orizzonte Anakin e Obi Wan Kenobi armati di spade laser, pronti ad imbarcarsi nella guerra dei cloni.

Siamo proprio su due canali diversi. In uno c’è un approccio “storico-sociologico”, nell’altro viriamo su una fantascienza di bassa levatura. Cosa c’è di più semplice che creare un antagonista che si clona e governa tirannicamente una galassia intera? Palpatine era un pivello a confronto. Asimov non aveva tratteggiato l’Impero come qualcosa di malvagio ma come una istituzione in difficoltà. E’ cosa nota come abbia preso ispirazione, in particolare, da “Declino e caduta dell’Impero Romano” di Gibbon. Questo però non gli ha impedito di creare romanzi e storie meravigliose in un contesto “pseudo-realistico”, parlandoci dell’essere umano e delle sue contraddizioni. Non ha dovuto nemmeno tirar fuori specie aliene e l’unica concessione con un essere poco umano è stata quella del Mulo (chissà come lo renderanno, sono curioso di capire se riusciranno a rovinare pure lui).  

Dispiace che Foundation rappresenti un’occasione persa. Sprecare Jared Harris su un Seldon più stupido del solito e un Lee Pace (che sarebbe stato un ottimo ingenuo e vanesio Cleon I) in un tiranno uno e trino, fa male. Il resto del cast non pare brilli ma con una scrittura del genere non si può fare molto.

Pensavo che fosse impossibile deturpare l’opera di Asimov peggio di Io Robot.

Mi sbagliavo.

Sono anni difficili per i fan di Tolkien e Asimov. Appartenendo ad entrambe le categorie, potete immaginare l’estasi del sottoscritto nell’osservare marionette che portano il nome di personaggi adorati tra le pagine che si comportano come idioti sullo schermo.

Eppure qualcosa di positivo c’è. Mi ha dato l’ennesimo pretesto per leggere la mia saga preferita. E se avete voglia di seguire le vicende di Seldon e compagni fatevi un favore: leggetevi l’opera somma di Asimov. La migliore trasposizione è quella che facciamo noi stessi, con in mano il libro, mentre la nostra immaginazione sta volando a migliaia di parsec di distanza.

P.S. Sarebbe cosa gradita che adattamenti del genere siano curati da chi ha amato e apprezzato l’opera anziché fungere solo da specchietto per le allodole per realizzare serie che nulla hanno a che fare con il materiale originario.

3 pensieri riguardo “Fondazione: imbarazzi galattici

  1. Condivido, ma ho visto solo il primo episodio, perché mi è bastato. Ero CERTO (non lo dico per vantarmi, ma per sottolineare l’ineluttabile) che avrebbero reso la serie una baracconata d’azione. Una saga come Fondazione, dove quasi tutto si risolve con dialoghi e ragionamenti, non è adatta a una serie che vuole accalappiare l’ampio pubblico, perlopiù americano e quindi desideroso di esplosioni. Ironizzavo con un amico su cosa avrebbero fatto di Hardin, immaginandolo pronunciare la sua famosa frase per poi fare *pew pew contro i nemici. Oltre a snaturare i libri, hanno pure rimaneggiato la trama quasi totalmente. Inoltre, ed è forse la cosa peggiore (ma l’ho solo sentito dal suddetto amico, perché come dicevo mi sono fermato al primo episodio), hanno fatto infrangere a un robot le leggi della robotica, che è esattamente quanto Asimov ha ripetuto fino allo sfinimento che è impossibile. Boh.

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    1. Ho sentito anche io quelle voci, c’entra la nuova tata imperiale immagino. Paradossalmente sto rivalutando Io Robot. Mi sono spoilerato un’altra bella rivelazione sul povero/a Hardin che avrebbe fatto imprecare il nostro sindaco di Terminus preferito. Ti dico solo che è collegata con Dornick (lasciando stare le prospettive di inciucio col povero Raych Seldon). Se volevano dare un’impronta più mainstream, Preludio alla Fondazione sarebbe stato un’ottimo punto di partenza. Inseguimenti, intrighi, un giovane e arrembante Seldon, un imperatore ambiguo come Cleon, un apparente severissimo Demerzel. Invece hanno optato per il minestrone… con risultati disastrosi.

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