Alta fedeltà: tra ironia, classifiche e disastri amorosi

“E’ la bacchetta a scegliere il mago” dice il Sig. Olivander ad un inesperto Harry Potter mentre, attonito, questi guarda gli scaffali stracolmi di scatole oblunghe che celano bacchette di ogni sorta. Prendo in prestito questa celebre citazione da “Harry Potter e la Pietra Filosofale” per parlarvi di quello che mi è successo e dell’epifania (alla buon’ora dirà qualcuno sbuffando) di cui sono stato vittima un lunedì di Pasquetta in cui non mi sentivo proprio in formissima.

Non scrivo su questo blog da una vita ma ho passato ore ed ore a percorrere giganteschi viaggi mentali su articoli dedicati a film, serie tv o videogiochi o magari su qualche nuovo racconto. Eppure ogni volta che il mio cervello, dopo aver proiettato la pellicola celebrale del mio brillante post dedicato a qualcosa, mandava i titoli di coda, la magia spariva. Niente. E continuavo a rinviare. Il blog guaiva come un animale abbandonato a casa mentre i padroni erano in villeggiatura senza intenzione, però, di tornare a breve.

E alla fine è arrivata la mia bacchetta. Quell’evento che ti spinge a dire “ecco cosa aspettavo” con un sorriso sornione che solo tu puoi capire (e le tue 3 o 4 personalità nascoste che bivaccano nella tua testa come in Inside Out). In un periodo piuttosto turbolento (si badi bene all’utilizzo del termine “piuttosto” a cui ricorro solo per cercare di ridimensionare l’anarchia emotiva delle ultime settimane che ha sconquassato buona parte delle mie cellule già naturalmente ansiose e ansiogene) non riuscivo a trovare niente che potesse interessarmi.

Per puro caso sbircio su Amazon un titolo. Leggo le recensioni (da buon compulsivo non compro mai niente senza aver letto almeno 3 o 4 recensioni, sia chiaro) e sono entusiastiche. Guardo dalla finestra il panorama, sospiro. Fuori c’è il sole in una giornata di mezza primavera (ancora freschina) e non ho voglia di uscire. Ho fame di lettere. Andata, lo prendo. E clicco.

Così mi sono trovato a leggere nell’ultima settantina d’ore Alta Fedeltà di Nick Hornby (chiaramente, preciso per i più distratti, non ho impiegato ben 70 ore per leggere il libro in questione dato che ho dovuto, anche, soddisfare le esigenze che la vita quotidiana richiede quali: lavorare, mangiare, dormire e conversare con altri esseri umani). Difficilmente mi sono mai trovato davanti un libro che potesse restituirmi alcune delle sensazioni che ho provato negli ultimi anni.

Le persone più infelici che conosco, dico in senso amoroso, sono anche quelle pazze per la musica pop; e non sono sicuro che la musica pop sia stata la causa della loro infelicità, ma so per certo che sono persone che hanno ascoltato canzoni tristi più a lungo di quanto non siano durate le loro tristi storie

Sarà per l’età del protagonista (quasi mio coetaneo), sarà per il sottile tono ironico (di cui il popolo britannico pare geneticamente dotato, quanta invidia), sarà per le tematiche (relazioni, progetti di vita, irrequietezza, crisi di mezza-mezza età): sta di fatto che dopo poche pagine ho capito che il prossimo articolo sarebbe stato dedicato proprio alle (dis-)avventure di Rob Fleming in quel di Londra narrate dalla strepitosa penna di quel geniaccio di Hornby. Ambientato nella capitale inglese in pieni anni ’90 Alta Fedeltà riesce a tratteggiare perfettamente quel “cercare il proprio posto nel mondo” partendo da due costanti: le relazioni e la musica. Con un incipit che già fa capire al lettore il tono che avrà il romanzo dalla prima all’ultima pagina, Rob esordisce con una delle sue amate “cinquine”, quelle classifiche dove cataloga in ordine di importanza qualsiasi cosa. Si tratta delle donne che gli hanno spezzato il cuore. Rob è stato appena lasciato e con rabbia (ma senza mai rinunciare a quella salsa ironica che rende l’amarezza dei ricordi agrodolce) inizia a ripescare proprio alle sue vicende amorose chiedendosi cosa non abbia funzionato.

“E’ importante avere qualcosa che funziona, nel lavoro o nella vita privata, altrimenti non è vita, ma sopravvivenza.”

E’ solo l’inizio di un viaggio fantastico nella vita di Rob che, lungi dall’essere un flusso di coscienza di Joyciana memoria, è un frizzante ottovolante nella stramba (ma non troppo) vita di un trentacinquenne proprietario di un negozio di dischi, coadiuvato da due colleghi alquanto folli e con l’ombra della ex che ancora aleggia nella sua mente. Il libro è esilarante e mi sono trovato a ridere da solo sul letto. Allo stesso tempo tratta in maniera magistrale il tema delle relazioni (e non solo quelle amorose) con una lucidità ed una chiarezza da standing ovation.

Il mio genio, se posso dir così, consiste nel raccogliere tutta questa medietà in un insieme compatto. Potrei dire che ce n’è milioni come me, ma mentirei, davvero: un sacco di tipi hanno gusti musicali impeccabili, ma non leggono; un sacco di tipi leggono, ma sono dei ciccioni; un sacco di tipi approvano il femminismo, ma hanno delle stupidissime barbe; un sacco di tipi hanno il senso dell’umorismo di Woody Allen, ma gli somigliano anche fisicamente. Un sacco di tipi bevono troppo, un sacco di tipi fanno gli scemi quando sono al volante, a un sacco di tipi piace menare le mani, o metterla giù dura coi soldi, o si drogano. Io non faccio nessuna di queste cose, davvero; se piaccio alle donne non è per le virtù che ho, ma per i vizi che non ho.

Sotto diversi aspetti sono diverso dal Rob di Alta Fedeltà ma alcune delle emozioni descritte le ho provate sulla mia pellaccia e Hornby è riuscito a trasmettermele con il sorriso. Ho come l’impressione che sia stato Alta Fedeltà a scegliere me e non viceversa. Ho appena concluso la lettura e mi sento “diverso”, più ricco di prima. La bacchetta era proprio quella che mi serviva e non so da quale albero magico sia ricavata: io e lei ci siamo riconosciuti come due vecchi amici che si inquadrano da lontano mentre fanno la fila alla cassa di un supermercato. Basta un cenno.

Riflessioni magistrali, situazioni imbarazzanti, battute e ironia a tutto spiano sono gli ingredienti di un libro che consiglio a tutti e che (oddio, sto diventando come Rob?) entra a far parte di diritto nella mia cinquina di libri preferiti.

L’arte alla fine non serve a questo? A mostrarti che non sei solo, che non sei il primo e non sarai l’ultimo a provare quelle sensazioni, a porti quelle domande. Che qualcuno ci è già passato ed ha usato il suo talento (la scrittura, la pittura, la scultura, la musica, il cinema, il videogioco) per descriverlo meglio di quanto tu possa fare. Lo vedi sorriderti da lontano. Come un vecchio amico che incontri dopo anni alla cassa di un supermercato.

Grazie Nick.

P.S. Non ho ancora visto il film ma lo recupererò.

P.S.2  Scusate il ritardo.

4 pensieri riguardo “Alta fedeltà: tra ironia, classifiche e disastri amorosi

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